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La questione sull’ origine del cane viene discussa fin dai tempi di Charles Darwin.
L’elevatissima variabilità morfologica fece pensare che questa specie domestica derivasse dall’ibridazione di diversi Canidi selvatici, quali il lupo, il coyote e lo sciacallo.
Nel 1787 John Hunter sostenne che se l’incrocio tra il cane e il lupo e tra il cane e lo sciacallo produce una prole fertile allora questi tre Canidi possono essere considerati un’unica specie.
Linneo (1758) ritenne, invece, che il cane fosse un’unica specie, ben distinta dalle altre a causa della coda abitualmente portata rivolta verso l’alto che contraddistingue i suoi individui.

Darwin, nel 1868, riconobbe che il fulcro della discussione sull’origine del cane risiedesse nel comprendere se le numerose varietà del cane domestico discendessero tutte da un’unica specie selvatica o da diverse specie.
Egli sottolineò, inoltre, la presenza di due linee di pensiero: la prima sosteneva l’origine di tutte le varietà a partire unicamente dal lupo o dallo sciacallo, la seconda riteneva che le diverse varietà derivassero da numerose specie di Canidi selvatici, alcune delle quali già estinte, più o meno mescolate tra di loro.

Oggi, dopo ritrovamenti paleontologici, studi genetici e ricerche sugli aspetti morfologici e comportamentali, si ritiene che il lupo sia il principale, se non l’unico, progenitore del cane (Wayne, 1986; Wayne et al.,1987; Scott e Fuller, 1965; Fox, 1971; Zimen, 1981).

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Evidenze paleontologiche

Il primo passo verso la domesticazione deve essere ricercato nella separazione di un piccolo gruppo di Canidi selvatici dalla loro popolazione di origine e tale separazione deve essere avvenuta in aree geografiche abitate contemporaneamente sia dai Canidi selvatici sia dall’uomo (Miklósi, 2007).
I ritrovamenti di ossa di lupo in associazione con ossa umane risalenti alla metà del Pleistocene confermano tale ipotesi.
Esempi di ritrovamenti di questo tipo sono rappresentati dai siti di Zhoukoudian nel Nord della Cina, risalenti a 300000 anni fa (Olsen, 1985) e dalle cave di Lazaret in Francia, datati 150000 anni fa (De Lumley, 1969).
Tali resti di lupi appartenevano probabilmente a individui uccisi occasionalmente per utilizzare la loro pelliccia, ma non si esclude che i cacciatori avessero provato ad allevare qualche cucciolo anche per cibarsene.
I cuccioli di lupo, una volta adulti, probabilmente divennero molto meno remissivi allora alcuni poterono scappare, altri furono uccisi e in principio solo pochi, particolarmente docili, poterono rimanere con l’uomo ed essere allevati.
Questi gruppi di lupi addomesticati poterono cosi fungere da progenitore del cane.
I primi cambiamenti negli individui addomesticati furono solo di tipo comportamentale e successivamente, in sole poche generazioni, furono accompagnati da cambiamenti nelle caratteristiche morfologiche.
I primi ritrovamenti che testimoniano tali piccole differenze anatomiche sono quelli risalenti a 14000 anni fa ritrovati nel Centro Europa da Musil (1984).
I fossili mostravano, infatti, una mascella più corta, denti più ravvicinati tra loro, metapodiale e ossa delle zampe più sottili di quelle del lupo selvatico.
In seguito furono scoperti alcuni crani in Alaska, risalenti a 10000 anni fa, anch’essi caratterizzati da una minore lunghezza della regione facciale, testimoniando così di essere i resti di lupi addomesticati (Olsen, 1985).
I primi fossili chiaramente attribuibili a cani domestici, seppure simili ancora a lupi, risalgono a 16000-13000 anni fa e sono rappresentati da due crani dal sito Eliseieviechi in Bielorussia (Sablin e Khlopachev, 2002).
Un altro reperto coevo è quello del sito di Oberkassel in Germania (Nobis, 1979), risalente a 14000 anni fa.
In esso la mancanza di premolari, molto rara nel lupo selvatico, suggerì che tale individuo fosse realmente un cane e non più un lupo addomesticato.

Molto significativo fu poi il ritrovamento israeliano datato a 11000 anni fa (Natufiano) rappresentato da una tomba in cui giaceva uno scheletro umano le cui mani erano cinte attorno al corpo di un cucciolo di cane di 4-5 mesi di età, mostrando così per la prima volta l’esistenza di un legame affettivo tra l’uomo e l’animale (Davis e Valla, 1978).
Il sito di ritrovamento apparteneva a cacciatori-raccoglitori con la tendenza a diventare agricoltori.
Questi cani medio-orientali erano relativamente piccoli e ne fu supposta un’origine indipendente dal lupo arabo (Canis lupus arabs) mentre il lupo europeo (Canis lupus lupus), di maggiori dimensioni, sembrava essere correlato con i fossili russi e tedeschi.
A partire da circa 10000 anni fa il cane era comunque diffuso in tutta l’Eurasia, l’Africa, il Nord America e l’Australia.
La sua diffusione sembrerebbe quindi essere stata molto rapida (Serpell, 1995).
Musil (2000) analizzò, inoltre, i resti ritrovati in tre insediamenti in Germania (Kniegrotte, Teufelsbrücke, Olenitz) e affermò la loro appartenenza a tre piccoli Canidi simili al lupo risalenti a 12000-10000 anni fa.
Gli antichi abitanti di tali insediamenti erano cacciatori-raccoglitori appartenenti alla cultura Maddaleniana e sopravvivevano cacciando cavalli selvatici, perciò non si esclude che i Canidi ritrovati potessero aiutare gli uomini nelle loro attività di caccia.
I più antichi resti di cani dell’Europa centrale e occidentale sono rappresentati da uno scheletro datato 10000 anni fa ritrovato nelle Alpi francesi ed analizzato da Chaix nel 2000.
Il cranio in questione era particolarmente piccolo e in confronto ai crani di lupo dello stesso periodo presentava una riduzione volumetrica del 38-46% (Chaix, 2000).
Allo stesso periodo appartengono poi le raffigurazioni che si ritrovano nell’arte rupestre spagnola del sito di Cueva Vieja de Alpera (Lindner, 1950).
Esse mostrano scene con chiare interazioni tra cani e cacciatori muniti di arco e frecce nella caccia ai grandi mammiferi selvatici.
Nel periodo storico successivo, tra i 9000 e i 7000 anni fa, le caratteristiche anatomiche del cranio e della dentatura tipiche del cane si svilupparono maggiormente e sono numerosi i resti, provenienti da diverse parti del Mondo, che lo testimoniano.
Resti del cranio, denti e parti dello scheletro di un cane di taglia grande sono stati ritrovati in Iraq, in un sito del Neolitico (Lawrence e Reed, 1983), e corrispondono ai ritrovamenti più antichi dell’Asia Minore.
In Europa sono stati ritrovati molti scheletri di cane in corrispondenza di insediamenti permanenti di gruppi di cacciatori-raccoglitori.
Alcuni esempi sono i siti di Star Carr (Inghilterra) datati 9500 anni fa, Bedburg-Königshoven (Germania), Vlasac (Serbia) datati 8500 anni fa (Bökönyi, 1975). Le prime evidenze di Canidi simili al cane in Nord America risalgono a 9000 anni fa, data a cui appartengono i resti ritrovati nello Utah (Grayson, 1988).

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Evidenze genetico-molecolari

I dati paleontologici relativi ai primi cani sono stati messi in discussione da ricerche genetico molecolari basate sulla regione ipervariabile del DNA mitocondriale, pubblicate dai gruppi di ricerca di C. Vilà e di P. Savolainen, rispettivamente nel 1997 e nel 2002.
Attraverso il metodo dell’“orologio molecolare” Vilà spostò la data di domesticazione tra 135000 e 76000 anni fa, mentre Savolainen ipotizzò un’origine asiatica, in particolare cinese, del cane, avvenutasi tra 40000 e 16000 anni fa, con successiva diffusione della specie nel Paleartico occidentale e nel Neartico.
Nel primo caso è lecito affermare che il cane fosse già ben presente all’epoca dell’uomo di Neanderthal (Homo neanderthalensis) mentre nella seconda ipotesi la specie si sarebbe sviluppata nel solo contesto asiatico e poi si sarebbe diffusa verso l’Europa e le Americhe.

L’analisi filogenetica svolta da Savolainen mostra 6 diversi cladi, tra i quali il clade A incorpora più del 71% degli individui utilizzati e circa il 96% degli individui risulta appartenere ai primi tre cladi (A, B, C) evidenziando quindi che l’intera variabilità genetica risiede in tali soggetti.
La frequenza dei cladi A, B e C è molto simile lungo tutta l’Europa, l’Asia e il Sud-Est asiatico e questo suggerisce un’origine comune di tutti i soggetti a partire da un unico gruppo fondatore.
Il clade A si differenzia per una maggiore variabilità genetica e per questo clade il 68% degli aplotipi sono unici per la regione dell’Est Asia.

Un simile risultato si osserva per il clade B, suggerendo un’unica origine est-asiatica.
Successive analisi hanno poi suggerito che la zona d’origine fosse da ricercare in Asia (Savolainen, 2006).
Leonard e colleghi (2002) confermarono che anche i cani americani si sarebbero originati a partire dal ceppo eurasiatico e lo stesso fu scoperto per i dingo (Savolainen et al., 2004), per i New Guinea singing dogs e per i cani giapponesi (Kim et al. 2001).

Secondo l’ipotesi di Vilà, invece, la variabilità genetica trovata confontando il mtDNA del cane con quello del lupo è troppo elevata per suggerire un’origine recente della differenziazione del cane dal lupo, perciò egli propone di retrocedere l’origine a circa 100000 anni fa. Fossili di cani così antichi non ne sono stati ancora trovati, tuttavia si dispone di fossili di lupi più antichi di 100000 anni fa (Olsen, 1985; De Lumley, 1969), ritrovati in associazione con fossili umani.
Se l’interazione tra uomo e cane è realmente così antica allora siamo autorizzati a ritenere che sia avvenuta una coevoluzione delle due specie.
John Allman (1999) attribuisce un ruolo significativo alla domesticazione del lupo nel successo evolutivo dell’Homo sapiens sul coevo Homo neanderthalensis.
Il sapiens fu il primo ad aver gettato le basi della futura mutua interazione con i lupi, e da cacciatore-raccoglitore nomade si sarebbe portato con sé i lupi addomesticati o questi avrebbero potuto seguirlo spontaneamente nella sua migrazione dall’Africa all’Europa e all’Asia (conosciuta come Out of Africa), cominciata circa 60000 anni fa.
Secondo Allman l’utilizzo dei lupi nelle attività di caccia potrebbe quindi essere rientrato in quel bagaglio tecnologico che determinò l’affermazione del sapiens sul Neanderthal.
Esperimenti recenti hanno dimostrato che l’utilizzo dei cani durante la caccia permette di ottenere un successo maggiore rispetto al non utilizzo (Ruusila, 2004), è quindi certo che il gruppo misto, uomo e cane, sia molto più efficiente del gruppo monospecifico (solo lupo, solo cane), in quanto nella cooperazione vengono unite le caratteristiche percettive del lupo con le capacità venatorie dell’uomo.
Inoltre, i lupi addomesticati erano molto abili nella guardia notturna agli accampamenti e questo permise una maggiore protezione contro i predatori, ma anche contro le incursioni di altri ominidi.

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